Freddo siberiano in campagna cappotti per i vitellini

Agricoltori e allevatori mettono a riparo colture e animali dal freddo in arrivo dal Nord Europa. Tra teli, impianti di riscaldamento, lampade e cappotti per vitelli.

Freddo siberiano in campagna cappotti per i vitellini
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Arriva il freddo siberiano col “burian”, e nelle campagne agricoltori e allevatori si preparano a mettere al sicuro animali e colture.

Cappotti, lampade e riscaldamento contro il freddo siberiano

“Per proteggere i vitelli appena nati li sto coprendo con dei cappottini. Mentre in stalla è importante che la temperatura dell’acqua per gli animali rimanga intorno ai 20 gradi. Per questo utilizzo un impianto che mi permette di riscaldare quella più fredda del pozzo. In sala di mungitura, infine, cerchiamo di mantenere la temperatura ideale grazie a delle lampade apposite”. Parla Simone Minelli, allevatore di Monteggiana, provincia di Mantova. Ma lui è solo uno dei tanti che, in vista delle prossime ondate di freddo, si attrezzano per proteggere animali e coltivazioni. “In generale di notte – racconta Gianenrico Grugni che alleva mucche da latte a Cervignano d’Adda (Lodi) – contro il freddo intenso si usano le lampade elettriche riscaldanti, quelle a luce rossa”.

Il monitoraggio di Coldiretti

Le iniziative dei due allevatori sono solo alcune di quelle raccolte dalla Coldiretti lombarda. Ciascuno si attrezza contro il freddo siberiano. Impianti di riscaldamento, lampade, ma anche cappottini per vitelli e una nuova dieta per gli animali. “Per affrontare al meglio il clima rigido – racconta Giorgio Piovanelli, produttore di latte di Zanica (Bergamo) – abbiamo arricchito la razione alimentare con cibi più energetici. E ci stiamo preparando per scaldare le tubature degli abbeveratoi. Lo scopo è evitare sia sbalzi eccessivi tra la temperatura dell’acqua ingerita e quella corporea degli animali, sia per scongiurare eventuali rotture in caso di congelamento”.

Il benessere e la salute degli animali al primo posto

Negli allevamenti, intanto, sono in funzione i macchinari riscaldanti. “Temperature troppo basse – racconta Filippo Marangotto, 36 anni, che Varese alleva polli, anatre, oche e faraone – possono dare problemi ai pulcini che hanno bisogno di alte temperature. Per far fronte all’ondata di gelo saremo costretti a far lavorare gli impianti al massimo per mantenere almeno 27gradi all’interno dell’allevamento”. “Sarà fondamentale riscaldare al meglio le stalle – gli fa eco Maria Paglioli, 49 anni, che con la sorella Pierangela gestisce un piccolo allevamento di maiali a Castelverde (Cremona) – In questo momento abbiamo in stalla 1500 suinetti del peso di 45-50 chili. Sono ancora piccoli, hanno bisogno del giusto tepore. Con l’arrivo del grande freddo il nostro primo impegno sarà quello di garantire il riscaldamento più adeguato, anche con l’utilizzo dei soffioni. Per l’azienda sarà una spesa significativa in più, ma è necessaria per assicurare il benessere degli animali”.

Non solo animali: coltivazioni in pericolo

In allerta anche i produttori di verdura, oltre agli allevatori. Come? “Nelle serre non riscaldare si preparano teli da stendere come ulteriore copertura per riparare e isolare le piantine. Soprattutto – spiega Alberto Brivio, titolare di un’azienda orticola di Bergamo – quelle a foglia, particolarmente delicate”. Rischio problemi anche per gli impianti d’irrigazione, che potrebbero rompersi se il freddo siberiano facesse congelare l’acqua. “Per evitare danni – continua Brivio – verranno completamente svuotate e, nel limite del possibile, coperte le tubature”.

Inverno poco freddo, ritmi “sballati”

Un inverno poco freddo e una primavera glaciale significa una maturazione anticipata di molte culture ora a repentaglio a causa del freddo. “Il freddo estremo – conferma Elena Zibetti di Cairate – rischia di far gelare le piante nel momento del raccolto. E quelle piccole da mettere a dimora morirebbero. Per proteggerle bisogna stendere il tessuto non tessuto in più strati sovrapposti, e ritardare i trapianti”. E aggiunge Giorgio Perego, orticoltore di Cernusco sul Naviglio (Milano): “Questo freddo intenso arriva dopo un gennaio e un febbraio non rigidi. In questi mesi le colture sono maturate anche più del previsto e ora col calo improvviso delle temperature rischiamo un contraccolpo decisivo. Non possiamo raccogliere le insalate ora, e col gelo rischiano di rimanere segnate. Per cetrioli e altri primi trapianti di verdure piccole si rischia di perdere tutto. L’unica è coprirli coi teli”.

Agricoltori al lavoro contro la neve

Intanto la neve è caduta sulle colline dell’Oltrepò Pavese. E anche i trattori degli agricoltori di Coldiretti sono stati mobilitati per pulire le strade. Nelle campagne di queste zone anche i cereali e i frutteti destano preoccupazione. “Se le temperature, come dicono, dovessero andare davvero così tanto sotto zero – afferma Giancarlo Bertella, allevatore di mucche varzesi a Varzi (Pavia) – il gelo potrebbe strappare le radici di orzo e grano, che si sono sviluppati poco a causa della siccità”. “A meno 15 gradi potrebbero crearsi dei danni strutturali alle piante da frutto, con fessurazioni nel tronco – ribatte Davide Zanlungo, che sempre a Varzi coltiva otto ettari di frutta – Le prime a soffrire col gelo sono pesche, albicocche, susine e ciliegie. Ma se dovessimo raggiungere i meno 20 gradi potrebbero avere dei danni anche le mele”.

Allarme ulivi

Sorvegliati anche gli uliveti, come racconta Antonella Pesenti di Lenno (Como): “Siamo preoccupati perché questo gelo estremo rischia di bruciare le gemme che gli ulivi hanno prodotto in questo periodo, visto che aveva fatto relativamente caldo. L’unica fortuna è che non abbiamo già effettuato la potatura, che ovviamente ritarderemo ancora per non compromettere anche la pianta stessa”. “Nelle nostre zone – precisa Nadia Turelli di Sale Marasino (Brescia) – qualche giorno di freddo non fa male, ma se le basse temperature si dovessero protrarre, potrebbero esserci grossi danni alle piante come nel 1985, quando la grande gelata ha seccato tutti gli ulivi. Se consideriamo che per rientrare in produzione ci vogliono almeno 10 anni, si capisce la gravità della situazione”.

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