La moglie uccise le sue tre figlie, quattro anni dopo è di nuovo papà INTERVISTA

"Dimenticare non è possibile, il dolore a volte è così forte che mi sopraffà. Ma vado avanti a vivere e il ricordo delle mie figlie accompagna ogni ora della mia esistenza".

La moglie uccise le sue tre figlie, quattro anni dopo è di nuovo papà INTERVISTA
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Come riporta il Giornaledilecco.it, domani, venerdì 9 marzo, sarà l’anniversario di una tragedia che ha straziato Lecco e l’Italia intera. Quattro anni da quella che è passata “alla storia” con l’orrendo nome di Strage di Chiuso. Quattro anni da quella domenica del 2014 quando la follia di mamma Edlira Copa  strappò a papà Baskim Dobrushi, a se stessa, alla comunità lecchese, gli splendidi sorrisi di quelle che, da quel maledetto giorno,  sono le tre bambine di Chiuso. Per antonomasia. Simona aveva 13 anni, Sidny 3 e Keisi 10. Ora riposano nella terra natia dei genitori, l’Albania anche se il cuore di Lecco e dei lecchesi non ha mai smesso di battere per loro.

Quattro anni dalla Strage di Chiuso

E lui, papà Baskim a distanza di quattro anni, domani rivivrà l’orrore, il vuoto. Si farà le stesse domande che ogni giorno non trovano risposta. Piangerà i suei tre gioielli. Forse maledirà il destino. Quello stesso destino che però, finalmente,  ha messo sulla sua strada anche un po’ di meritata serenità. Sì perchè papa Bashkim presto sarà di nuovo padre. Lo aveva annunciato pubblicamente  a inizio 2018, proprio dalle colonne del nostro giornale.

L’intervista a papà Bashkim

Pubblichiamo quindi  una parte dell’intervista rilasciata da Bashkim Dobrushi a metà gennaio al Giornale di Lecco

"Dimenticare non è possibile, il dolore a volte è così forte che mi sopraffà. Ma vado avanti a vivere e il ricordo delle mie figlie accompagna ogni ora della mia esistenza…". Bashkim Dobrushi, 49 anni, ha cercato di sopravvivere alla tragedia di Chiuso. Lo scorso aprile Dobrushi si è sposato con Aferdita, 36 anni, originaria dell’Albania come lui e adesso la coppia aspetta un bimbo. Dovrebbe nascere il 3 aprile, il giorno in cui Simona, la primogenita avrebbe compiuto 17 anni.Ha gli occhi velati di lacrime quando racconta delle figlie. «Simona era una pallavolista e tutti dicevano che era un piccola donna. Era davvero brava. Mentre a Keisi piaceva la danza classica e frequentava l’oratorio di Chiuso. Erano così piene di vita. E Sidny… lei era la piccolina di casa, sempre affettuosa. Un cucciolo».

Immagino che sua moglie Aferdita conosca la tragedia.

"Certo, ha sempre saputo tutto, fin dall’inizio. Le pareti della nostra casa di Lecco sono piene di foto delle mie figlie. Ne ho anche nella nostra stanza da letto. Quando apro gli occhi, la mattina, loro sono lì, davanti a me. Aferdita sa tutto e ha imparato a conoscere me anche attraverso il mio dolore. Quando mi sento triste, è lei che mi consola. Certo a volte il dolore è così forte da spezzarmi il cuore. Continuo a domandarmi: “Hanno sofferto?”. Cerco di scacciare subito questo pensiero, perché è devastante, ma ritorna sempre e sempre. Quando capitano cose come queste è difficile restare sani di mente".

Se c’è una cosa che è emersa nelle numerose interviste che le sono state fatte è il suo legame con la nostra città…

"La città di Lecco è la mia città e l’Italia è il mio Paese. Sono arrivato qui nell’ottobre 1999 e dal maggio 2000 lavoro alla Primat di via Concordia. Mi ritengo fortunato ad aver trovato questo posto. Quando Edlira ha ucciso le mie bambine, i miei datori di lavoro, il sindaco Virginio Brivio, il comandante della Polizia locale Franco Morizio, il colonnello dei Carabinieri Rocco Italiano… e tutti, ma proprio tutti i lecchesi mi sono stati vicini. Senza il loro affetto e il loro sostegno non avrei potuto superare la tragedia. Quando passeggiamo per strada, moglie Aferdita è sorpresa di quanta gente conosca".

Clicca qui per leggere l'intervista integrale 

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