Medicina nucleare diagnosi precoce e donazione di 100 mila euro

La valenza del reparto dell'ospedale Sant'Anna di San Fermo della Battaglia.

Medicina nucleare diagnosi precoce e donazione di 100 mila euro
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Medicina nucleare, all'ospedale Sant'Anna novità per le malattie degenerative.

Medicina nucleare, diagnosi precoce

L’Alzheimer e le altre malattie neurodegenerative non hanno più segreti grazie all’utilizzo della Pet “cerebrale”. Quando la memoria e le funzioni cognitive sono attaccate da patologie dementigene è fondamentale una diagnosi precoce e precisa. La Medicina Nucleare dell’ospedale Sant’Anna di San Fermo della Battaglia offre su questo fronte metodiche di ultima generazione e un’esperienza ormai ventennale costellata da riconoscimenti sulle più importanti riviste scientifiche internazionali.

Un benefattore dona 100 mila euro

Recentemente il reparto ha ricevuto anche un altro “riconoscimento”. Si tratta di una donazione di 100 mila di un benefattore che ha voluto rimanere anonimo. Un ulteriore dimostrazione della valenza del reparto. La Pet utilizza una molecola a base di glucosio, resa minimamente radioattiva per poterla riconoscere, che permette di valutare il funzionamento del metabolismo dell’encefalo. Nei casi più complessi o dubbi si esegue una seconda indagine con l’impiego di un radio-farmaco che consente l’individuazione della Beta-Amiloide, una sostanza che tende ad accumularsi nel cervello dei malati di Alzheimer sotto forma di aggregati di molecole tossiche che causano un danno irreversibile ai neuroni. In questo modo, dalle immagini digitali ottenute con la Pet, è possibile riconoscere esattamente la sede di deposito e la sua entità e, quindi, il tipo e il grado di malattia. “Questo è il dato obiettivo fondamentale - spiega il primario Angelo Corso - per identificare i casi che, con caratteristiche di precocità di insorgenza della patologia e di entità di deterioramento cognitivo, che deve essere il più limitato possibile, potranno essere trattati farmacologicamente. L’obiettivo, ancora da confermare su più ampi numeri, è fermare o comunque rallentare quanto più possibile l'evoluzione della malattia di Alzheimer. Sono farmaci attualmente ancora sperimentali – aggiunge - ma che aprono spiragli per un trattamento, che dovrà essere il più precoce possibile, di queste devastanti malattie che annullano la memoria delle persone e quindi la loro identità e capacità sociale, con un pesantissimo carico sia psicologico che economico oggi sostenuto in grandissima parte dalle famiglie”.

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