Morti in corsia: "Non sono più persone, solo organismi. Salvarli è accanimento terapeutico"

Morti in corsia a Saronno, parola ai testimoni.

Morti in corsia: "Non sono più persone, solo organismi. Salvarli è accanimento terapeutico"
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Morti in corsia, iniziate oggi le testimonianze del processo all’ex viceprimario dell’Ospedale di Saronno Leonardo Cazzaniga.

Morti in corsia, tra psicofarmaci e “protocollo”

Psicofarmaci prelevati dagli armadietti a inizio turno e consumati direttamente dai flaconi. Contrarietà ai trattamenti a pazienti gravi e anziani. Atteggiamento di continua superiorità verso i colleghi e gli infermieri, a volte amche aggressivo. Con la testimonianza dell’infermiera Clelia Leto si è aperto il dibattimento drl processo contro Leonardo Cazzaniga. Ne emerge un quadro raggelante, tra comportamenti “sopra le righe”, minacce e le voci su morti sospette e quel “protocollo” poi emerso con le indagini. Cui lui stesso pare facesse apertamente riferimento sia coi colleghi che col personale del 118.

“Sono solo organismi”

“Sono solo organismi non meritevoli di trattamento”. “Ormai non è più un essere umano, solo un organismo”. “È solo accanimento terapeutico. Egoismo che non fa altro che allungare l’agonia”. Così, a quanto riportato dall’infermiera Leto, Cazzaniga parlava dei pazienti arrivati in Pronto Soccorso, anziani e in condizioni gravi. “Se me lo porti qui gli applico il Protocollo”, pare dicesse invece agli operatori del 118. Da quanto raccontato dall’infermiera in Tribunale, quel “Protocollo Cazzaniga” non era certo un mistero. “Se ne parlava tra colleghi, lui stesso lo nominava e lo minacciava”, ricorda. E a quelle voci e accenni se ne sommavano altre su morti sospette causate da somministrazioni errate di farmaci e i sospetti su altre sostanze prelevate dal viceprimario dagli armadi del Pronto Soccorso (tra i quali elettroliti potenzialmente letali ad alte dosi). “Chiedemmo al primario e alla coordinatrice di istituire un registro – riporta Leto – in altri casi l’ho visto somministrare dosaggi che non si danno nemmeno ai malati terminali”.

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