Nessuno vuole occuparsi dei centri per l’impiego: "Il sistema rischia di collassare"

Rimpallo dei Cpi tra Stato, Regione e Provincia: nel frattempo i dipendenti continuano a diminuire e il servizio è sempre più precario.

Nessuno vuole occuparsi dei centri per l’impiego: "Il sistema rischia di collassare"
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Nessuno vuole i centri per l'impiego. Lo Stato demanda alle Regioni che, nel caso della Lombardia, a sua volta passa la "patata bollente" alle province. Enti che, loro malgrado, non hanno le risorse necessarie dopo la Legge Delrio per mantenere un servizio efficiente e che dia risposte ad una delle fasce più fragili della cittadinanza: i disoccupati.

Centri per l’impiego di Como: la denuncia dei sindacati

Questa mattina, mercoledì 17 ottobre, le segreterie sindacali della Funzione Pubblica di Cgil, Cisl e Uil hanno indetto una conferenza stampa per spiegare l'attuale situazione dei Cpi di Como (con sedi oltre a via De Cristoforis, a Cantù, Erba, Appiano Gentile e Menaggio). I sindacati hanno scelto una giornata particolare per questo appuntamento, la data in cui è possibile presentare la propria candidatura per cinque posti vacanti nel ruolo di Asa al Comune di Como. Una giornata in cui senza dubbio c'è un'affluenza maggiore rispetto alla norma.

"Volevamo mostrare come lavorano gli operatori del Cpi di Como - ha spiegato Vincenzo Falanga della Uil ma anche coordinatore RSU della provincia comasca - Attualmente il centro ha 32 dipendenti, di cui 5 tra tempi determinati e collaborazione. Facendo una stima si ha un rapporto operatori/popolazione disoccupata in provincia di 1 a 750, oltre il doppio sia della media nazionale (1 a 383) che regionale (1 a 382). In giorni come oggi o come durante la settimana scorsa quando era aperta una procedura simile per la ricerca di operai per i cimiteri del Comune di Como la situazione diventa insostenibile".

Alessandra Ghirotti (Cgil), Vincenzo Falanga (Uil) e Nunzio Praticò (Cisl)

Il problema in capo a Regione

Il problema principe di questa situazione è il fatto che questa funzione, con una legge regionale della Lombardia, è stata nuovamente posta in capo alle province. "Si tratta dell'unico caso in Italia", spiegano le segreterie, perché le altre regioni hanno deciso di riorganizzare centralmente i centri per l'impiego. D'altra parte la Provincia non può rispondere efficacemente su questo servizio perché non può assumere personale per legge. E la denuncia di questa situazione era arrivata proprio pochi giorni fa dalla presidente uscente di Villa Saporiti, Maria Rita Livio, che però terminerà il suo mandato a fine ottobre. Quindi l'appello delle segreterie: "Se vuole fare un atto concreto, la presidente Livio rimetta la delega a Regione Lombardia prima dello scadere del suo mandato". 

Qualche dato e il rischio del collasso del sistema

Già nel giugno scorso le segreterie sindacali avevano inviato una nota ufficiale ai parlamentari del territorio, al Prefetto, a Provincia e Regione proprio denunciando la situazione. Nulla però è cambiato. "Nei prossimi anni ci saranno 12 pensionamenti tra i dipendenti del Cpi, si rischia davvero che il sistema collassi perché non c'è possibilità di assunzione" ha sottolineato Falanga.

Nel 2010 i dipendenti erano 62, quasi il doppio di oggi. I finanziamenti pubblici regionali nel 2014 erano 352mila, saliti fino a 450mila nel 2017, poi il calo nel 2018 con 312mila. "Da questi dati emerge la chiara intenzione di Regione Lombardia di destrutturare il sistema pubblico per arrivare alla privatizzazione" ha commentato Alessandra Ghirotti della Cgil.

Eppure il servizio è fortemente utilizzato dai cittadini come dalle imprese. In media vengono svolti 6/7mila colloqui all'anno e il Cpi collabora con più di mille aziende sul territorio comasco. "Senza contare che il Cpi si occupa della gestione dei tirocini, circa 500 l'anno di cui il 40% porta ad un'assunzione - prosegue Falanga - Il servizio è rivolto alle fasce più deboli della popolazione: disoccupati, giovani, disabili che rischiano di non avere più questo servizio". E su questo spiega Ghirotti: "Il prossimo anno andrà in pensione la persona che si occupa del collocamento dei disabili e quel servizio rischia di non esserci più".

Reddito di cittadinanza

Un altro problema su cui si sono soffermati i sindacati è il fatto che, se tutto andrà come previsto, dal prossimo anno i centri per l'impiego dovranno occuparsi della gestione del reddito di cittadinanza. "Si tratterà di lavoro in più per gli operatori e non si sa come verrà impiegato il miliardo messo a bilancio dallo Stato per i Cpi - ha sottolineato Nunzio Praticò della Cisl - Senza contare che bisognerà inoltre aggiornare le obsolete apparecchiature tecnologiche per la gestione dei dati".

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